mercoledì 18 aprile 2012

cucina 2.0 intervista a Sigrid Verbert



Sigrid Verbert ci ha raccontato come si è avvicinata alla fotografia e al cibo, e come queste due passioni si sono incontrate nel suo “Cavoletto di bruxelles”, il foodblog più visitato d'Italia. Con un background in lettere e un master in comunicazione eno-gastronomica la giovane Sigrid Verber intraprende il suo viaggio alla ricerca della bellezza dei cibi, cucinati e fotografati. Pioniera del mondo dei blog, nel 2005 lancia “Il cavoletto di Bruxelles” che oggi conta 10.000 visitatori al giorno. Inteso come laboratorio di ricerca e di scambio, il blog diventa ben presto uno stimolo per le sue creazioni fotografiche e per i progetti editoriali. La sua ultima pubblicazione, Regali Golosi, è stata riconosciuta con il World Cookbook Award per l’Italia. 


Come ti sei avvicinata alla fotografia?
Ho respirato la fotografia fin da piccola con mio padre che per un periodo, prima che io nascessi, è stato un fotografo. Il blog che ho avviato nel 2005 è servito da stimolo ulteriore per implementare questa mia passione accanto a quella della cibo. Ho cominciato a fare fotografie per illustrare le mie ricette. L’interesse verso l’aspetto estetico è cresciuto e si è evoluto in maniera del tutto naturale.

In che modo, le tue grandi passioni, cibo e fotografia, si contaminano una con l’altra?
Certamente quando cucino una pietanza ho bene in mente anche il risultato estetico. Se preparo una ricetta che nella fotografia non corrisponde alla mia idea compositiva, allora ricomincio tutto dall’inizio. Ed è anche vero che evito ‘naturalmente’ di cucinare cibi e pietanze che non mi convincono esteticamente. Gli stufati per esempio, con i loro colori scuri spesso non sono il massimo della bellezza... Viceversa, il cibo influenza molto la fotografia, nel senso che sono i volumi e i colori del cibo a determinare l’inquadratura o il mood della foto.

Nel 2005 hai avviato il blog “Il Cavoletto di Bruxelles” dove le due passioni, cucina e fotografia trovano terreno comune. Ci racconti come è nato e come si sta evolvendo?
Ho avviato il blog per condividere le mie ricette con gli amici e, come ho accennato prima, da qui è cresciuta l’attenzione per il risultato estetico dell’illustrazione delle pietanze. Si può dire che cucina e fotografia hanno trovato nel blog uno stimolo reciproco. È diventata una piattaforma di sperimentazione per cucina, fotografia e ora anche, in qualche modo, trampolino di lancio per l’editoria. Quando il blog si è animato di interlocutori, questi sono stati un aspetto importantissimo per l’evoluzione di tutti questi miei progetti.
A cosa è dovuta la scelta del “cavoletto di bruxelles” come titolo del blog?
Gli alimenti sono per me uno specchio della cultura. Il cavoletto di bruxelles cresce in climi freddi ed è associato con il Belgio, il paese da dove provengo originariamente. Inoltre il cavoletto è una di quelle verdure che non lasciano indifferenti: o li ami o non li ami, il cavoletto non lascia spazio all’indifferenza. E siccome anch’io sono un po’ così, appassionata nei miei giudizi e monolitica nel piacere o meno agli altri, il cavoletto stava a pennello al mio quaderno di cucina…
Perché hai aperto un blog?
Be’, appunto, credo che la primissima intenzione fosse di capire come funzionava il tutto, dietro le quinte. Già che c’ero ho pensato che poteva essere utile, per me e per i miei amici, mettere in rete le ricette che provavo a casa (in quel periodo mi piaceva da matti invitare amici a casa, poi spesso mi chiedevano le ricette di quello che avevo cucinato per loro, solo che il mio era un grosso faldone molto disorganizzato, poi i ritagli di carta li perdevo, li macchiavo, insomma era un mezzo disastro :-), quindi il blog poteva servire a mettere un po’ di ordine in tutto ciò. Subito dopo però mi sono accorta che era meglio se ci mettevo anche le foto e poi che provavo una specie di malsano piacere nella produzione di queste foto…. :-) )
Cucinare è? Mangiare è?
Cucinare è un esercizio zen, un momento in cui è facile svuotare la mente o al contrario meditare sui più svariati pensieri, tenendo le mani occupate in compiti spesso delicati. È anche un atto di amore, un gesto altruista, quando cucino è quasi sempre per una persona o un momento particolare e trovo molto bello poter riuscire a costruire un’atmosfera attraverso il cibo. Mangiare è un atto sociale, di condivisione. Per me il bello del mangiare è la tavola dove si riuniscono più persone, l’esperienza del condividere i cibi e nel contempo le parole, le storie e gli umori di ognuno. Ci sono molti altri aspetti nel mangiare però per me il più importante è quello conviviale: gustare in compagnia sapori gradevoli e stimolanti che ben si accordano con l’atmosfera del momento. È chiaro che mi capita anche di pranzare sola, di concedermi pasti sbrigativi, anche se non rinuncio mai al gusto.

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