mercoledì 22 febbraio 2012

Cari genitori,sono omosessuale

COMING OUT.il più difficile è quello in famiglia.Che però, oggi più che mai, dopo lo sconcerto iniziale si schiera accanto ai ragazzi.Negli anni '80 si temevano le conseguenze pratiche,come l'essere cacciati di casa.Ora,quelle affettive.

Mica è facile,dichiararsi omosessuale.Né con gli amici,né sul lavoro e ancora meno in famiglia.<< Il coming out con i genitori -specie con la madre-è il problema principale per il 95 % delle persone>> dice Franco Grillini,presiedente onorario di arcigay  «La famiglia tende a riprodurre se stessa come unico modello possibile. Quindi, un figlio o una figlia gay inevitabilmente si sentono sbagliati nel posto sbagliato. La conseguenza è che finiscono con l’imparare la dissimulazione, la doppia morale». Insomma, nel “dichiararsi” le remore sono ancora forti. «Negli anni Ottanta si temevano le conseguenze pratiche - taglio dei
viveri, cacciata di casa - e spesso con ragione. Diversi giovani sono finiti in comunità - a tale proposito, credo nella necessità di creare strutture specifiche - e alcuni genitori sono stati condannati per abbandono di minore. Oggi, le paure sono più legate all’affettività: paura di dare un grande dolore ai genitori, di deluderli, di
perdere il loro amore». Le specificità dell’Italia non aiutano: «Mancano le metropoli, che fanno da rifugio e regalano libertà. A Parigi vive il 20% dei francesi e l’80% degli omosessuali, che hanno un loro quartiere, il Marais. Idem a Londra: 15%, 50%, SoHo. Da noi Milano, la città con il più alto tasso di immigrazione interna, accoglie 2-300mila gay e lesbiche:troppo pochi per fare massa d’urto,Negli ’80 si temevano le               conseguenze pratiche, anche l’essere cacciati di casa. Ora, quelle affettive incidere davvero. Seconda questione: il 70-80% degli italiani vive in centri mediopiccoli, dove il controllo sociale è fortissimo. Infine, la famiglia tradizionale ha una tenuta senza pari in Europa, dove a 18 anni si è fuori casa». Questi i motivi delle
paure dei giovani. E quelle dei “vecchi”,una volta ricevuta la notizia? «Anzitutto lo stigma sociale», risponde Grillini. «L’ansia in parte è giustificata, perché la società italiana è quella che è. Spesso, però, è eccessiva, una proiezione delle proprie angosce interiori. Poi c’è la paura delle malattie sessualmente trasmissibili, purtroppo ancora identificate con l’omosessualità. Come anche la promiscuità: si confonde una minoranza molto vivace con la maggioranza, che per le ragioni che ho detto prima - controllo sociale, vita in famiglia eccetera - fa sesso molto meno degli etero. Altro motivo di scontento: l’immaginata instabilità affettiva della prole. Eppure, studi dimostrano come le coppie omosessuali siano più stabili di quelle etero: un
miracolo visto che la società, lo Stato e la Chiesa fanno di tutto per contrastarle».



«Le ho 
risposto non 
mi interessa,
voglio solo 
che tu 
sia felice »

FAMIGLIA STORARI
Roma.
Silvia, 31 anni, calciatrice
professionista e istruttrice di tennis.
Sergio, 61 anni, imprenditore.
Marusca, 60 anni, casalinga.
Silvia Già a 8-9 anni ho capito di essere attratta dal mio stesso sesso, ma a
quell’età volere un bene più intenso a
un’amica è normale. Poi c’è chi cambia gusti e desideri, e chi no. A 14,
mia madre è entrata in allarme captando una mia telefonata con un’amica più grande. Così mi ha chiesto:
«Non è che ti piacciono le donne?». E io: «Ma no, mamma, sei matta? Figurati». Nei due anni successivi ho spesso mentito, anche se con vergogna.Il mio coming out è stato a 16 anni.Un po’ perché il mio gemello, con cui ho sempre diviso tutto - gli amici, la stanza, la passione per il calcio - è andato a vivere fuori casa, e questa improvvisa solitudine mi ha spinto a cercare nuovi rapporti nell’ambiente che sentivo più mio. Un po’ perché avevo appena iniziato una relazione con una donna di 30 anni che lavorava con mio padre. Ho detto ai miei che volevo vivere quell’amore, e magari andare a stare con la mia compagna. All’inizio, mamma l’ha presa decisamente male. Ha scritto una lettera drammatica, che ci ha fatto temere per la sua incolumità. È una donna aperta, intelligente, però sognava di vedere sua figlia sull’altare. Con il tempo le cose si sono sistemate, al punto che oggi ha un ottimo rapporto con le mie ex: spesso le invita a cena
anche se io non ci sono. A questo risultato siamo arrivate parlando, lei facendo domande e io rispondendo.
Non ho mai smesso di cercarla, per un consiglio o un abbraccio. Mio padre è più del genere vivi e lascia vivere: a lui basta che io stia bene. Sergio Anche prima che Silvia ci dicesse la verità avevo intuito, dalle telefonate che faceva e riceveva, che era attratta dalle donne. Ma ho sempre evitato le domande. Però parlavo dell’argomento con mia moglie Marusca: io sostenevo la mia tesi, lei la rifiutava. Silvia aveva 16 anni, e una donna più grande, M., l’ha fermata aun semaforo: le ha fatto i complimentiper la sua bellezza, e le ha offerto una collaborazione. Quando mia figlia me l’ha raccontato ho deciso di chiamare
questa persona, per vederci più chiaro.Risultato: abbiamo iniziatoa lavorare assieme. Il tempo passava e
Silvia e M. si  frequentavano, in apparenza da amiche. Finché un giorno ho ricevuto una telefonata
da una compagna di squadra di mia figlia: mi ha detto che M. le stava facendo il lavaggio del cervello perché
andasse a vivere con lei. Immediatamente le ho raggiunte. E mi son trovato in auto con M. e Silvia, che mi
ha detto: «Sono omosessuale». Ho risposto: «Non mi interessa, voglio solo che tu sia felice». In realtà ero piuttosto sconvolto: non avevamo gay in famiglia, non mi ero mai trovato a contatto con quella realtà. Con il tempo,però, mi sono reso conto che la vita e sentimenti di mia figlia erano del tutto normali. Per mia moglie è stata più dura: è rimasta davvero traumatizzata. Una volta mi ha detto: «Se a essere gay fosse stato Marco - l’altro nostro figlio - avresti reagito come me». A proposito di Marco, che è un calciatore professionista di una certa fama: una volta tutta la famiglia è andata a vederlo giocare. Come sempre, i tifosi della squadra avversaria non si sono risparmiati. Finita la partita, Silvia ha cominciato a prendere in giro mia moglie ripetendo uno dei cori da stadio: «La mamma di Storari è unputtanon...». Marusca non si è scomposta, e ha intonato sorridendo: «E la sorella di Storari è un lesbicon...». Insomma, ormai la questione è chiusa,
al punto da essere oggetto di umorismo. Del resto, quanti grandi personaggi della storia erano gay?
Marusca È buffo: l’omosessualità di mia figlia è diventata, per me, così normale che ho difficoltà a ricordarmi
come e quando me l’ha rivelata. Ricordo bene, però, di esserci rimasta malissimo. Non mi andava giù la convivenza, a soli 17 anni: prima avrei voluto che si diplomasse e trovasse
una sua strada professionale, una sua indipendenza. Senza contare che M. non mi piaceva, e avevo ragione. Non nascondo che, a prescindere da tutto, mi addolorava non avere più Silvia con me: già suo fratello si era allontanato giovanissimo da casa. Soprattutto, però, ero angosciata all’idea del mondo esterno, di una società che continua a essere ostile. Per fortuna, i miei timori si sono rivelati infondati.Nessuno, che io sappia, ha mai criticato mia figlia, tranne una cugina: ha detto - ad altri, non a me e Sergio - che non capiva come permettessimo a Silvia di invitare le amiche nella casa di vacanza. Non mi importa: il giudizio degli altri vale quello che vale.


«Oggi posso presentare chi amo ai miei»
FAMIGLIA LUPOLI
Casalmaggiore, Cremona.
Lorenzo, 23 anni, studente.
Adamo, 56 anni, impiegato.
Giovanna, 57 anni, casalinga.
Lorenzo Il mio coming out è avvenuto tre anni fa. Nei giorni precedenti, mio padre mi aveva sorpreso a navigare per siti di cultura omosessuale. Così ha colto l’occasione per chiedere ciò che gli premeva sapere, e lo ha fatto senza troppi giri di parole. «Sei gay? Ti piacciono i ragazzi?». E io, semplicemente: «Sì». Lui non si è mostrato dispiaciuto. Anzi, ha cercato di togliermi dall’imbarazzo: «Non preoccuparti, è tutto normale. Ne riparleremo con calma. Fai attenzione con gli altri,però: per molti l’omosessualità è ancora un problema». Naturalmente mi sono sentito sollevato. A quel punto occorreva dare la notizia a mia madre: è successo dopo qualche mese.Anche qui mio padre mi è stato d’aiuto, preparandomi il terreno: «Lorenzo deve dirti una cosa importante, Giovanna. Non starebbe tranquillo se tu non la sapessi. È attratto dai ragazzi». Io ho aggiunto: «Mi spiace non avertelo detto prima, ma non sapevo come». All’inizio, mia madre si è un po’
emozionata. Poi mi ha rassicurato: anche lei era serena. Il coming out è stato un passaggio fondamentale nel rapporto con i miei genitori, che da allora è diventato del tutto franco e aperto, anche su temi diversi dall’omosessualità. Non avevo comunque dubbi sulla loro reazione amorevole, e se mio padre non avesse affrontato l’argomento, prima o poi l’avrei fatto io. Se oggi inizio una relazione posso presentare chi amo alla
mia famiglia. Senza paure.
Adamo Anche prima di chiederglielo esplicitamente avevo il sospetto che  Lorenzo fosse gay. Lungi da me frugare tra le sue cose, ma una volta mi è capitata sotto gli occhi una lettera, in
cui scriveva a un’amica di avere trovato un fidanzato. Poi mi è arrivata una segnalazione dalla società che
ci fornisce la connessione Internet: la nostra bolletta era esagerata. Avevo più o meno intuito che mio figlio frequentava siti a tematica gay, a quel punto ne avevo la conferma. E da qualche tempo lo vedevo inquieto.
Così ho deciso: era necessario che parlassimo. Non avevo paura di sapere perché conosco Lorenzo: è un ragazzo serio, a posto, cui gli eccessi non interessano. Quando ha confermato i miei sospetti, non ho provato
tristezza né delusione. Ho però cercato di capire se lui soffrisse, se magari  coetanei o i docenti avessero un atteggiamento sgradevole. Lui mi ha rassicurato: non era mai successo. A questo non credo fino in fondo, però so che Lorenzo è forte. Un altro timore riguardava mia moglie - pensavo che avrebbe accolto male la
notizia, perché è una donna molto sensibile - e l’altro mio figlio, dal carattere un po’ rigido. Anche con lui, però, nessun problema: io e Giovanna gli abbiamo regalato un libro sul tema affinché gli fosse più facile capire, e così è stato. Oggi sono fiero di Lorenzo, che ha il coraggio di essere se stesso.
Giovanna  Lorenzo è molto riservato, quasi chiuso, però si capiva che qualcosa lo tormentava, e che non voleva parlarne. Come mio marito, anch’io avevo capito qualcosa, pur non avendo certezze. Dunque, la notizia dellasua omosessualità non mi ha sorpresa. Un po’ di dispiacere, sinceramente, sì. Non per me, ma per lui: le discriminazioni verso i gay sono ancora tante, la loro vita ancora difficile. Mi hanno però fatto piacere il suo coraggio, la sua sincerità.

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